Oskar
Barrile nasce a Pesaro nel 1963, vive e lavora ad Ancona.
La
sperimentazione è il costante motore della poetica di Oskar: studia varie
tecniche, le sperimenta, rispolvera anche quelle che non segnarono la storia
della fotografia, reinterpreta e reinventa procedimenti di stampa, processi
al negativo, al positivo e di sviluppo. L’artista caratterizza il suo lavoro
con questa progressiva ansia di rinnovare il medium, senza essere particolarmente
interessato al soggetto. Utilizza la macchina per realizzare le fotocopie
come una camera oscura, la gomma bicromata che risulta fotosensibile ai raggi
ultravioletti e quindi si stampa alla luce del sole, imprime le immagini a
grandezza naturale senza usare ingranditori fotografici, insomma è un vero
e proprio alchimista di questa disciplina. Fotografa quasi esclusivamente
donne che popolano le sue opere a volte in maniera silenziosa, quasi in punta
di piedi ed altre invece ci vengono proposte come icone arrabbiate e aggressive.
Il
processo che precede l’opera di Oskar sta a metà strada tra la fotografia
e la pittura: sono compresenti la fisicità e la tattilità della mano dell’artista
che mescola gli elementi tra di loro, li pone sul supporto e simula il pennello
sulla tela, ma anche la distanza fisica e l’utilizzo di macchine tecnologiche
quali la fotocopiatrice e il computer.
Oggi
non ha più senso porre in compartimenti stagni le tecniche usate dagli artisti
e classificarli in base a vecchie categorie ottocentesche; siamo di fronte
ad un mondo in cui le energie si compenetrano e si mescolano, circolando vorticosamente
in un turbine continuo di interrelazioni e contaminazioni. In questo senso
l’opera di Oskar risulta estremamente attuale e contemporanea.
tratto dalla
presentazione di Brain
Machine Gradska Galerija Colegium
Arstisticum – Sarajevo 25
luglio 1998
A cura di
Carlotta D’Addato e Fabiola Naldi